Diagnosi e monitoraggio della leishmaniosi canina

Autore: Dott. Tommaso Furlanello, Medico Veterinario, Dottore di Ricerca in Scienze Cliniche Veterinarie, Diplomato European College of Veterinary Clinical Pathology; Medico Veterinario Esperto in Interventi Assistiti con gli Animali; Clinica e Laboratorio d’Analisi Veterinarie San Marco, Veggiano (PD)

Note di patogenesi

La trasmissione al cane dei promastigoti di Leishmania infantum tramite il morso dei pappataci è un fenomeno frequente e il riscontro di una positività con metodiche molto sensibili quali la biologia molecolare è un evento parimenti comune. Però la comparsa della malattia è un evento più raro rispetto all’infezione. Esistono vari fattori facilitanti la progressione dell’infezione, perché collettivamente vanno a implementare una risposta immunitaria di tipo Th2, di tipo umorale, inefficace nei confronti della replicazione dei parassiti e causa primaria della patogenesi della leishmaniosi. L’attivazione prevalente di una reazione immunitaria di tipo Th2, con iperattività delle plasmacellule e inadeguata attività macrofagica decide quindi la transizione da uno stato di portatore ad una forma clinica; in ogni singolo cane può essere presente uno o più dei seguenti fattori facilitanti:

  • Genetica: a causa della presenza o assenza di un particolare locus cromosomico predisponente alla malattia, vi sono razze più resistenti ed altre molto sensibili, tra le quali il Boxer, il Pastore Tedesco ed il Rottweiler
  • Età: gli animali sensibili si ammalano alla prima esposizione ai flebotomi e vanno a comporre un picco di frequenza attorno all’anno di vita. Esiste un secondo picco di probabilità di malattia in animali anziani, presumibilmente per una riduzione delle difese immunitarie
  • Patologie concomitanti: le associazioni più frequenti sono le infezioni multiple tra quelle trasmesse da vettori, ad esempio ehrlichiosi e leishmaniosi. Sono da considerare comunque tutti gli stati di malattia, anche infiammatori o neoplastici come possibili interferenti per il contenimento dell’infezione
  • Infestazioni da ectoparassiti: le infestazioni da zecche tipicamente determinano una risposta infiammatoria umorale e di conseguenza collaborano in maniera sostanziale alla progressione della malattia
  • Terapie: l’uso di farmaci immunosoppressivi facilita la progressione dell’infezione. Tale situazione diventa di estrema gravità se si utilizzano immunosoppressivi per contrastare presunte malattie autoimmune che invece sono manifestazioni di leishmaniosi clinica (ad esempio anemie emolitiche, malattie infiammatorie intestinali, dermatopatie tipo lupus ed altre)

Questa lista di fattori predisponenti, alcuni dei quali molto comuni, comunque vanno ad interagire con una condizione fondamentale nello sviluppo e nel mantenimento della malattia, ovvero la carica parassitaria, il cui ruolo è descritto nel prossimo paragrafo.

Ruolo della carica parassitaria

La carica parassitaria riveste un ruolo molto importante nella progressione della malattia, perché l’immunità si polarizza naturalmente verso l’assetto umorale quando l’agente infettivo o parassitario è presente in quantità elevate. Tale fenomeno è descritto in molte malattie fungine, batteriche e protozoarie (istoplasmosi, brucellosi, tubercolosi, lebbra ed altre). Probabilmente si tratta di una reazione protettiva, perché l’immunità cellulo-mediata, in eccesso di antigene, sarebbe autodistruttiva (Bretscher, 2014). Quindi, nel caso della leishmaniosi, tanto maggiore è la carica parassitaria quanto più intensa sarà la progressione della malattia e più in generale la gravità della forma clinica. A tale riguardo, da studi in corso presso la Clinica Veterinaria San Marco, si è notata una stretta correlazione tra carica parassitaria e parametri infiammatori, quali le proteine di fase acuta. Anche la mortalità è statisticamente correlata con la magnitudine della carica.

Diagnostica di laboratorio

Esame emocromocitometrico, biochimico e sieroelettroforesi

Le alterazioni di laboratorio, in un recente studio realizzato nella Spagna del Sud, ha segnalato come alterazioni di laboratorio più comuni una anemia da lieve a moderata, non rigenerativa, linfopenia, iperprotidemia con aumento delle globuline alfa-2, beta e gamma e riduzione delle albumine sieriche e del rapporto A/G (Meléndez-Lazo et al., 2018). La valutazione dell’elettroforesi non deve però essere eccessivamente enfatizzata, perché non si tratta di un esame “specifico” per la leishmaniosi, ma riflette l’attività secretoria delle plasmacellule, che è fortemente individualizzata ed è influenzata anche da altre condizioni, come la proteinuria, che potrebbe essere irreversibile anche a fronte di una buona terapia leishmanicida. Inoltre si deve considerare la comune presenza di patologie concomitanti trasmesse da vettori, come ad esempio rickettsiosi, anaplasmosi, ehrlichiosi ed altre, che possono tutte incrementare la presenza di globuline circolanti (Baxarias et al., 2018).

Proteine della fase acuta

La risposta di fase acuta appartiene all’immunità primaria e rappresenta la reazione dell’organismo ad eventi che modifichino la sua omeostasi. Per definizione non è specifica di alcuna malattia, ma nel cane affetto da leishmaniosi riflette l’entità della risposta infiammatoria. Inoltre permette di individuare una peculiarità che la differenzia da altre patologie, ovvero un incremento della ferritina circolante, come manifestazione di una anomalia del metabolismo del ferro per probabile interferenza con l’attività macrofagica (Silvestrini et al., 2014). Le proteine di fase acuta esprimono quindi la presenza/assenza di uno stato infiammatorio e l’entità dell’infiammazione. Esprimono quindi la gravità della malattia e tendono a ridursi durante la terapia, se efficace (Ceron et al., 2018). Le proteine di fase acuta utilizzate di routine nella gestione dei cani con leishmaniosi sono indicate nella tabella ad inizio pagina. Da notare che la maggior parte sono positive, ovvero tendono ad aumentare nel corso della risposta di fase acuta, ma esistono anche proteine negative, che diminuiscono.

Esame sierologico

La diagnosi sierologica ha mantenuto negli anni un ruolo centrale nella diagnosi della leishmaniosi. Rispetto ad altre infezioni trasmesse da vettore (VBDs), la presenza di Ab circolanti riveste un interesse maggiore, perché esprime una risposta Th2, ovvero umorale, che implicitamente si associa alla presenza o alla progressione dell’infezione. I numerosi cani (o esseri umani, o gatti) che vivono in area endemica e non sono ammalati, tipicamente sono sieronegativi, ad indicare una prevalente risposta cellulo-mediata, Th1.

In generale la magnitudine del titolo sierologico si associa ad una maggiore gravità della malattia e ed è utilizzato  per la stadiazione dalla maggior parte dei sistemi classificativi, ai quali si rimanda per approfondimenti (Meléndez-Lazo et al., 2018; Paltrinieri et al., 2010; Solano-Gallego et al., 2017). E’ comunque opinione dell’Autore che, isolatamente, la valutazione del titolo presenta delle limitazioni legate alle performances del test, con rilevanti problematiche di sensibilità per l’IFAT (Rodríguez-Cortés et al., 2010) e anche di ripetibilità. I test ELISA quantitativi, non essendo soggetti ad alcune rilevanti problematiche di laboratorio, sono nettamente superiori (Solano-Gallego et al., 2014) e dovrebbero essere sempre utilizzati come prima scelta.

Si ricorda che, nell’ambito del monitoraggio, l’esame sierologico non dovrebbe mai essere utilizzato prima di 6 mesi dalla fine della terapia, per permettere un riassestamento dell’attività plasmacellulare che sia coerente con la carica parassitaria (Solano-Gallego et al., 2011).

I test rapidi, di immunomigrazione, rappresentano una soluzione interessante nell’attività pratica (anche se non tutti presentano la stessa utilità diagnostica – vedi ad esempio Solano-Gallego et al., 2014), ma si sottolinea che sono stati realizzati per individuare titoli sierologici medio/alti e quindi dovrebbero servire per confermare, dal punto di vista sierologico, un sospetto di malattia. Di conseguenza, l’utilizzo prima di una vaccinazione per leishmaniosi, in un soggetto clinicamente sano (o nel corso di un check-up annuale), rappresenta un uso improprio, perché tali soggetti, se sieropositivi, probabilmente lo saranno a basso titolo e quindi saranno inevitabilmente negativi. E’ una regola universale che in una attività di depistaggio si deve utilizzare un test ad elevata sensibilità e attualmente un test ELISA quantitativo di buona qualità rappresenta la scelta ideale.

Biologia molecolare

In queste note è stata volutamente enfatizzata la patogenesi della leishmaniosi prendendo in considerazione il ruolo preminente della carica parassitaria. Pertanto, come logica conseguenza, la possibilità di quantificare la carica rappresenta un esame di grandissima importanza sia in fase diagnostica, per stadiare il paziente e infine per il monitoraggio terapeutico a breve termine (vedi tabella 3), dove i test tradizionali, a partire dalla sierologia, non possono fornire indicazioni relative alla reale risposta alla terapia leishmanicida.
Essendo la scelta del substrato da indagare un aspetto fondamentale per il clinico, è stata preparata la tabella  che contiene le informazioni necessarie per utilizzare al meglio la PCR quantitativa.

Approccio diagnostico pratico

Gli esami di laboratorio brevemente indicati nei paragrafi precedenti sono stati inseriti nella tabella sottostante, che è stata compilata principalmente in base alle esperienze e opinioni dell’Autore. Per approfondire gli aspetti diagnostici come descritti nella letteratura corrente, si invita a consultare le eccellenti review del gruppo Leishvet (Solano-Gallego et al., 2017, 2011).

 

 

Bibliografia

Baxarias, M., Álvarez-Fernández, A., Martínez-Orellana, P., Montserrat-Sangrà, S., Ordeix, L., Rojas, A., Nachum-Biala, Y., Baneth, G., Solano-Gallego, L., 2018. Does co-infection with vector-borne pathogens play a role in clinical canine leishmaniosis? Parasites & Vectors 11, 135. https://doi.org/10.1186/s13071-018-2724-9

Bretscher, P.A., 2014. On the Mechanism Determining the Th1/Th2 Phenotype of an Immune Response, and its Pertinence to Strategies for the Prevention, and Treatment, of Certain Infectious Diseases. Scandinavian Journal of Immunology 79, 361–376. https://doi.org/10.1111/sji.12175

Cantos-Barreda, A., Escribano, D., Cerón, J.J., Bernal, L.J., Furlanello, T., Tecles, F., Pardo-Marín, L., Martínez-Subiela, S., 2018. Relationship between serum anti-Leishmania antibody levels and acute phase proteins in dogs with canine leishmaniosis. Veterinary Parasitology 260, 63–68. https://doi.org/10.1016/j.vetpar.2018.08.010

Ceron, J.J., Pardo-Marin, L., Caldin, M., Furlanello, T., Solano-Gallego, L., Tecles, F., Bernal, L., Baneth, G., Martinez-Subiela, S., 2018. Use of acute phase proteins for the clinical assessment and management of canine leishmaniosis: general recommendations. BMC Vet Res 14. https://doi.org/10.1186/s12917-018-1524-y

Meléndez-Lazo, A., Ordeix, L., Planellas, M., Pastor, J., Solano-Gallego, L., 2018. Clinicopathological findings in sick dogs naturally infected with Leishmania infantum: Comparison of five different clinical classification systems. Research in Veterinary Science 117, 18–27. https://doi.org/10.1016/j.rvsc.2017.10.011

Mylonakis, M.E., Theodorou, K.N., 2017. Canine monocytic ehrlichiosis: an update on diagnosis and treatment. Acta Veterinaria (Beograd) 67, 299–317.

Paltrinieri, S., Solano-Gallego, L., Fondati, A., Lubas, G., Gradoni, L., Castagnaro, M., Crotti, A., Maroli, M., Oliva, G., Roura, X., Zatelli, A., Zini, E., 2010. Guidelines for diagnosis and clinical classification of leishmaniasis in dogs. Journal of the American Veterinary Medical Association 236, 1184–1191. https://doi.org/10.2460/javma.236.11.1184

Rodríguez-Cortés, A., Ojeda, A., Francino, O., López-Fuertes, L., Timón, M., Alberola, J., 2010. Leishmania Infection: Laboratory Diagnosing in the Absence of a “Gold Standard.” Am J Trop Med Hyg 82, 251–256. https://doi.org/10.4269/ajtmh.2010.09-0366

Silvestrini, P., Zoia, A., Planellas, M., Roura, X., Pastor, J., Cerón, J.J., Caldin, M., 2014. Iron status and C-reactive protein in canine leishmaniasis. Journal of Small Animal Practice 55, 95–101. https://doi.org/10.1111/jsap.12172

Solano-Gallego, L., Cardoso, L., Pennisi, M.G., Petersen, C., Bourdeau, P., Oliva, G., Miró, G., Ferrer, L., Baneth, G., 2017. Diagnostic Challenges in the Era of Canine Leishmania infantum Vaccines. Trends in Parasitology 33, 706–717. https://doi.org/10.1016/j.pt.2017.06.004

Solano-Gallego, L., Kidd, L., Trotta, M., Di Marco, M., Caldin, M., Furlanello, T., Breitschwerdt, E., 2006. Febrile Illness Associated with Rickettsia conorii Infection in Dogs from Sicily. Emerg Infect Dis 12, 1985–1988. https://doi.org/10.3201/eid1212.060326

Solano-Gallego, L., Miró, G., Koutinas, A., Cardoso, L., Pennisi, M.G., Ferrer, L., 2011. The LeishVet Group. LeishVet guidelines for the practical management of canine leishmaniosis. Parasit Vectors 6, 86.

Solano-Gallego, L., Villanueva-Saz, S., Carbonell, M., Trotta, M., Furlanello, T., Natale, A., 2014. Serological diagnosis of canine leishmaniosis: comparison of three commercial ELISA tests (Leiscan®, ID Screen® and Leishmania 96®), a rapid test (Speed Leish K®) and an in-house IFAT. Parasit Vectors 7, 111. https://doi.org/10.1186/1756-3305-7-111

 

Tutti i diritti riservati – riproduzione vietata – ®Furlanello e Clinica Veterinaria Privata San Marco